giovedì 20 giugno 2013

SegnaLo #51 - Amin, che è volato giù di sotto di Nadia Morbelli

Oggi ritorno da voi con una segnalazione di un’autrice italiana che scrive gialli molto nostrani. Questo titolo è il secondo romanzo di Nadia Morbelli (non mi sono sbagliata l’autrice e la protagonista della storia hanno lo stesso nome, perché la prima usa uno pseudonimo ^^) e, come il primo, racconta di una indagine su un delitto che ha come palcoscenico la città di Genova – luogo di nascita della scrittrice, che a suo dire non potrebbe vivere in nessun altro posto. Se il primo episodio si era occupato del traffico di armi, questa volta si parla di commercio clandestino di farmaci, quindi temi sempre molto attuali.

AMIN, CHE È VOLATO GIÙ DI SOTTO
di Nadia Morbelli
Dopo il successo di Hanno ammazzato la Marinin, Nadia Morbelli è ora alle prese con un nuovo caso. Sullo sfondo, una Genova da togliere il fiato, il traffico illegale di farmaci pericolosi, la strana morte di un ragazzo di colore. Ha inizio la nuova indagine della redattrice-detective più appassionata e ironica del noir italiano.
Editore Giunti – Collana A
Pagine 332
Euro 10,00 (6,99 ebook)
TRAMA:
È una gelida sera d’inverno a Genova e Nadia Morbelli, uscita tardi dalla casa editrice, imbocca infreddolita un carrugio in discesa. All’improvviso è costretta a fermarsi: il passo le è impedito da quel che sembra un grosso sacco della spazzatura. Ma una volta vicina Nadia scopre con orrore che quel fagotto rannicchiato sul selciato è un ragazzo. Un ragazzo nero, morto. Sicuramente un clandestino. Forse un tossico. Probabilmente suicida. Dopo lo choc iniziale, Nadia non può resistere alla tentazione di saperne di più. Insieme alla sorella del morto, brillante universitaria, avvia una personalissima indagine che la porterà a riabilitare Amin e a far luce su di fenomeno attuale e drammatico: il traffico di vaccini e farmaci scaduti o dannosi dall’Europa al Terzo mondo. Fanno da vivace contorno alle sue investigazioni l’affascinante vicequestore Prini, i genitori e le amiche del cuore, un fidanzato presente a intermittenza, il chiacchiericcio, i personaggi e i paesaggi della provincia tra Genova e Ovada. E tanta buona tavola.

Dopo Hanno ammazzato la Marinin Nadia Morbelli conferma anche il suo gusto per una lingua personale frizzante, curatissima, condita con gustose parole gergali e dialettali (con tanto di glossario finale) che ne dimostra la maturità di scrittrice.
Uscita: 26 Giugno 2013

L’autrice
Il primo romanzo
di Nadia Morbelli
Nadia Morbelli è non solo il nome della protagonista della serie, ma anche il nom di plume dell’autrice, che vuol restare anonima; nata a Genova, dove si è laureata in paleografia, lavora in università, è redattrice in una piccola casa editrice e collabora con diverse riviste di settore. Vive  tra Genova e il Basso Piemonte, da cui parte della sua famiglia proviene. I momenti più belli della sua vita li trascorre in biblioteche polverose o viaggiando in giro per il mondo. Per Giunti è uscito il primo titolo della serie e suo romanzo d’esordio, Hanno ammazzato la Marinin.
Dice l’autrice di sé e del romanzo
“La ragione che mi ha spinta a scrivere? A scrivere romanzi? Penso che la più impellente sia stata dettata dal desiderio che non andassero a perdersi per sempre nel tempo, «come lacrime nella pioggia», direbbe Roy di Bladerunner, una quantità di piccole storie in apparenza senza importanza, ma in realtà pregne del senso primo dell’esistenza più vera. “
inflessioni, la sua particolarissima sintassi. “
“Mi piacciono le storie ‘laterali’, marginali, quelle che nessuno scriverebbe mai ma che tutti amano ascoltare: i pettegolezzi sul vicino di casa, le peripezie del cugino del prozio che non abbiamo mai conosciuto ma che ha fatto il partigiano, o è stato catturato dai tedeschi, le vicende della nonna – mia, tua, sua: poco importa – che profumano di lavanda come i lenzuoli di una volta. Dev’essere perché la loro aerea leggerezza ci sa, come per incanto, liberare dai gravami della quotidianità.”
 “In effetti nel romanzo – così come in quello precedente – si parla molto di cibo. Un po’ perché la cucina è una delle mie passioni, ma anche e soprattutto perché la considero una vera forma d’arte, capace di esprimere al massimo grado tutte le sfumature dell’animo umano, e di consolare quasi tutti i suoi dolori. Mangiare è un po’ aprirsi al mondo, lasciarlo entrare in noi con i suoi sapori, i suoi odori, i suoi colori, perfino i suoi rumori. Diffido sempre dalle persone in dieta...”

Estratti dal libro:
“Ero uscita nell’opaca umidità della notte incipiente, pervasa da una sensazione prossima a quella che si prova quando si beve qualche bicchiere di troppo: la testa costipata di quell’accavallarsi di vicende di un passato ormai perduto, delle facce che mi ero immaginata le avessero vissute, dei lacci che le tenevano avvinte l’una all’altra, ma nello stesso tempo anche vuota, libera, leggera, tanto da farmi credere di essere lì lì per cogliere quel nesso che mi avrebbe fatto capire, che avrebbe dato una ragione, un ordine, una coerenza ad avvenimenti che apparivano fra loro slegati, incongruenti. Ma appena mi sembrava di poterlo afferrare, quel nesso, sembrava spostarsi un po’ più in là. Un po’ più in là. E ancora. Fino a dileguarsi del tutto fra il baluginare dei fari delle auto sull’asfalto bagnato.”

“La porta di ferro si era aperta, cigolando appena appena, e ne era uscita la sagoma scura di Prini. Il sole, ormai basso sull’orizzonte, proiettava la sua ombra, lunghissima, ben oltre il cornicione, nel vuoto. Si era portato una mano sulle sopracciglia per proteggere gli occhi dai raggi obliqui ma ancora forti che incendiavano il terrazzo di una luce aranciata. Doveva pure averli strizzati, gli occhi, anche se dalla mia distanza era difficile dirlo con certezza. Alla fine mi aveva visto, seduta sul cordolo di cemento vicino alle cisterne dell’acqua.”

Cosa ve ne pare di questo noir italiano?
Passo e chiudo :)

Nessun commento:

Posta un commento