mercoledì 16 gennaio 2013

Recensione di "Hope, Alaska" di Francesca Verginella

Euro 3,13
TRAMA:
Sara Wood lavora in un’agenzia letteraria di Boston, alle dipendenze di Carl Goodwin. Sara, che si occupa della lettura e della valutazione dei romanzi inediti, si imbatte un giorno in un manoscritto piuttosto bizzarro nella forma ma geniale nei contenuti. Resasi subito conto dell’immenso talento dell’autore, Victor Wolf, convince il suo capo a metterlo sotto contratto. E’ l’inizio della vera fortuna per l’agenzia. Wolf, personaggio fuori dagli schemi, misantropo ed eccentrico, “sforna” un best-seller dietro all’altro. Subito prima di consegnare la seconda parte del suo ultimo lavoro Victor “scompare”. Sara, saputo che lo scrittore si è rifugiato a Hope, un piccolo paesino dell’Alaska parte alla sua ricerca.





Eccomi ancora qui con una nuova recensione. Anche questa volta si tratta di una scrittrice nostrana che ha deciso di auto pubblicare le sue opere (questa di cui vi vado a parlare oggi non è l’unica e mi auguro di avere occasione di parlarvi anche delle altre).
Questo breve romanzo contemporaneo, si svolge tra Boston e la dispersa cittadina di Hope in
Alaska. La protagonista, Sara, lavora come “lettrice” (alzi la mano chi non la invidia almeno un pochino) in un’agenzia letteraria ed è proprio così che scopre l’autore dell’anno… peccato che quest’ultimo decide di rifugiarsi in Alaska senza dare più notizie di sé. Sara si ritrova in viaggio per Hope alla ricerca di questo burbero e bizzarro personaggio, solo per accontentare il suo capo, con cui intrattiene anche una relazione non professionale da quasi tre anni. La protagonista del libro è una ragazza insicura, che si aggrappa ai punti fermi della sua vita (come il suo lavoro e la sua relazione che, almeno all’occhio attento lettore, non è certo basata sull’amore) per paura di ritrovarsi alla deriva verso un destino incerto.
Sarà proprio il suo viaggio a Hope a rimettere tutto in gioco, sconvolgendo i sentimenti di Sara e soprattutto i possibili scenari del futuro.
Quindi la trama che presenta il libro rappresenta praticamente soltanto l’introduzione alla storia vera e propria: leggendola avevo pensato che Victor Wolf, il talentuoso scrittore che Sara và a cercare, avesse un ruolo da co-protagonista e invece non è così. Ha comunque un ruolo molto importante nello svolgimento degli eventi, ma la controparte maschile di Sara risponde al nome di Adam ed è lo sceriffo di Hope… uno sceriffo molto affascinante.
Lo scenario di Hope è molto suggestivo, tipico dei paesini sperduti nelle tormente di neve che si vedono anche nei film, dove tutti si conoscono e si aiutano: è palese che l’urbana Sara si ritrovi inizialmente sperduta in questo contesto… ma riuscirà ad ambientarsi? Questo lo potete scoprire leggendo il romanzo, che riserva alcune sorprese prima della fine.
I personaggi che gravitano intorno a Sara, non sono molto approfonditi, ma per farlo senza sacrificare la storia si sarebbero dovute aggiungere un bel po’ di pagine e probabilmente ne avrebbe risentito la “leggerezza”… non so voi, ma io a volte ho bisogno di titoli “leggeri” per rilassarmi, soprattutto dopo letture più impegnative.
Ci troviamo davanti ad un inno all’amore e alla vita, una vita che può essere apprezzata in pieno, soltanto quando si sono messe a fuoco le cose più importanti, che non sempre sono quelle su cui ci concentriamo: a volte servono degli imprevisti per farci capire che tutto ciò che compone la nostra esistenza non ci fa sentire davvero realizzati e a quel punto bisogna essere in grado di voltare pagina e iniziare a scrivere una nuova storia. Questo è il messaggio che ho visto nel romanzo di Francesca Verginella e non c’è nulla di più vero.
Hope, Alaska è una lettura poco impegnativa, che ho finito in una manciata di ore, consigliata a chi crede nel colpo di fulmine (io che però non ci credo da anni ormai, ho comunque letto questa storia mooolto volentieri) e alle occasioni da cogliere al volo.
Ho molto apprezzato la capacità dell’autrice di creare immagini poetiche con le parole, senza risultare stucchevole, come a volte accade: “…si era lasciata travolgere da quel dispettoso movimento dell’anima chiamato amore…” non è musicale? Ed è solo un esempio tra molti.
Quindi appurato che lo stile dell’autrice mi si confà, non mi resta che consigliarla anche a voi.
E con questo passo e chiudo J


VOTO:

QUESTA RECENSIONE PARTECIPA
AL 4° E ULTIMO GIRONE DELLA HOGWARTS READING CHALLENGE DEL BLOG READING IS BELIEVING

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