mercoledì 3 settembre 2014

Recensione IL CANTASTORIE di Leonardo Cerioli

Editore Selfpublished
Pagine 204
Euro 1,99
Formato digitale
TRAMA: A Bakersville, in California, il 27 dicembre 2017 una famiglia sta per festeggiare il compleanno del figlio più piccolo. Il regalo voluto dalla mamma e dal papà è inusuale: un cantastorie, un uomo che con la sua presenza allieterà la festa.
Ma la sua chiamata si tramuterà in un incubo. Perché l’attività di cantastorie è solo una copertura. In realtà l’uomo è in cerca. Ha già rapito tredici fanciulli negli ultimi mesi, e ne manca ancora uno.
L’uomo ha un compito preciso da svolgere. Deve completare il pasto della bestia, il Minotauro, una creatura che nell’antichità non è mai stata sconfitta da Teseo, ma solo assopita da un incantesimo dannato.
La leggenda narra che la belva, ad ogni risveglio, si deve cibare delle anime di sette fanciulli e sette fanciulle. Continuerà a farlo fintanto che si sazierà di un’anima straordinaria, che la vincerà senza ricorrere all’inganno come invece aveva fatto Teseo.
Da allora ogni cinquecento anni la bestia si risveglia e per tre volte, con cadenza novennale, si mette in cerca del cibo. Lo annusa nell’aria, lo percepisce con l’istinto.
Ma il medesimo incantesimo, ogni cinquecento anni, ricerca altresì colui che avrà l’ingrato compito di accudire la bestia per il suo riposo.
Il mostro è custodito nel luogo in cui negli ultimi cinquecento anni è stato nascosto: nelle viscere della Valle della Morte, fra lo Stato della California e del Nevada. Miriadi di cunicoli naturali divengono la sua tana, in uno degli anfratti più isolati del mondo.
Il primo dei tre risvegli è avvenuto con lo scoccare del nuovo millennio, all’ora zero zero dell’anno 2000.
Il secondo all’ora zero zero dell’anno 2009.
E ora mancano solo quattro giorni al terzo e ultimo risveglio, prima di un nuovo lungo letargo.

Quattordici ragazzi verranno trascinati in un incubo, gettati in un labirinto dove loro saranno prede di un gioco di cui solo vagamente ne intuiscono i contorni. Né sanno che quei confini sono solo una parte di un disegno malefico più ampio. E così, nell’intercalare degli eventi, ognuno di loro fronteggerà le più intime paure, le stesse per le quali sono stati scelti per comporre il pasto della bestia. E capiranno, forse, che l’amore è in grado di vincerle.

VOTO:


RECENSIONE:
Il titolo di cui vi parlerò oggi è un romanzo molto particolare, una via di mezzo tra un thriller e un fantasy, anzi meglio un misto di entrambi i generi.
La storia prende spunto dall’antico mito greco del Minotauro, del labirinto e di Teseo.
Narra la leggenda che al Minotauro, essere mostruoso metà uomo metà toro, fossero sacrificati ogni anno 7 giovani fanciulle e 7 giovani fanciulli per saziare il suo appetito di carne umana. Questo fino al giorno in cui Teseo si unì al gruppo delle vittime designate. Quando Teseo entrò nel labirinto di Cnosso, da cui si diceva fosse impossibile uscire una volta entrati per la complessità della sua struttura, portò con sé il famoso filo di Arianna (un filo dorato che gli era stato dato nientemeno che dalla figlia del re Minosse) che, legato all’ingresso del labirinto e srotolato poco alla volta, lo aiutò a ritrovare la strada… ovviamente soltanto dopo aver ucciso il Minotauro.
Il Minotauro era un essere mostruoso e violento, dominato soltanto dall’istinto animale in quanto proprio la testa era la sua parte di toro. Anche nel libro di Cerioli questo dettaglio, questa istintività priva di intelletto, viene più volte sottolineata… anche se in effetti credo fosse sufficiente specificarlo una sola volta.
A questo punto sarete curiosi di approfondire i dettagli del romanzo.
Provate ad immaginare se Teseo non avesse realmente ucciso il Minotauro… se invece che alla morte, lo avesse condannato ad una maledizione che lo facesse sopravvivere nei secoli? Un Minotauro dormiente per la maggior parte del tempo, ma che ogni cinquecento anni si risveglia e ricomincia a vagare nel labirinto con la necessità di fare tre pasti, uno a distanza di nove anni dall’altro; e questo in eterno, fino al giorno in cui non troverà l’anima perfetta che lo sazierà per sempre spezzando la maledizione.
Come vi dicevo prima , il Minotauro è solo un animale quindi ha bisogno di un custode che si occupi dei suoi pasti… niente di faticoso: si tratta solo per il prescelto di rapire 14 tra ragazzi e ragazze da servire al Minotauro al momento del suo risveglio, quando la sua fame è più feroce che mai. Al custode aspetta anche l’arduo compito di cercare anime speciali: non tutte possono soddisfare gli appetiti del Minotauro, ci vogliono anime con peculiarità che le distinguano dalla massa di anime banali che popolano il mondo… ma soprattutto c’è sempre la speranza di incappare nell’Anima, quella con la A maiuscola che metterà fine a questo gioco perverso e crudele.
Ecco questo è il succo della storia.
Leonardo Cerioli racconta ai suoi lettori di come il custode del mostro trovi l’ultima vittima del prossimo imminente pasto del Minotauro, di come i quattordici predestinati si ritrovino rinchiusi nel labirinto e della caccia successiva al risveglio della bestia.
Come accade sempre in questo genere di romanzi, malgrado il lettore faccia la conoscenza di tutti i personaggi più o meno approfonditamente, spicca sempre un protagonista – che in questo caso è anche il primo ad essere presentato, nonché l’ultimo a raggiungere il labirinto – e devo dire che quello de Il Cantastorie mi è piaciuto molto: un ragazzino che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo, preferendo rimanere rinchiuso nel suo guscio piuttosto che esporsi alla realtà che lo circonda, e che soffre di solitudine la maggior parte del tempo. Sarà proprio il labirinto e la sconvolgente avventura che si ritroverà suo malgrado ad affrontare che faranno uscire il suo vero io.
Ovviamente non tutti potranno salvarsi dal Minotauro: quest’ultimo non ha problemi ad orientarsi nel labirinto perché si lascia guidare giusto dal suo olfatto, che lo può condurre dritto al suo cibo, anche se questo si sposta e tenta di sfuggirgli.
Il mostro rispecchia la visuale classica del Minotauro, com’è anche ovvio che sia, senza stravolgimenti di sorta. Ma contemporaneamente è in parte costituito anche dal custode che rappresenta quella perfidia e quella cattiveria tipicamente umane, che lo rendono forse peggiore della bestia che serve. Quindi direi un “cattivo” dal duplice volto per questo romanzo, un nemico che non si fa certo fatica a detestare.
Il labirinto è molto claustrofobico: non si tratta del classico labirinto a cui tutti probabilmente pensiamo di primo acchito, perché il dedalo di cunicoli e gallerie si trova sotto terra, nel cuore della Valle della Morte. Si tratta più di un complesso di grotte tanto disorientanti, quanto angoscianti. Non posso negare che avrei preferito la versione più classica, ma anche questo ha avuto la sua efficacia senza ombra di dubbio.
L’autore è riuscito a riportare in vita nel nostro presente un mostro antico, risvegliando nel lettore l’atavica paura per qualcosa che non dovrebbe esistere, qualcosa che si nasconde nel buio e che nessuno realmente conosce (diciamo che nessuno è sopravvissuto per raccontarlo!), quindi insieme ai protagonisti si cerca una via di fuga  senza davvero credere che esista.
Il cantastorie è sicuramente un romanzo con una sua originalità. Una lettura che scorre rapida tra le dita, tenendo il lettore sulla corda per tutto il tempo e contemporaneamente creando tanti quesiti a cui cercare risposte. Poco viene spiegato fin da subito e bisognerà arrivare fino all’ultimo capitolo per scoprire il disegno completo che la fantasia dell’autore ha creato.
Personalmente mi sento di consigliare questo titolo per uscire un po’ dalle solite storie, anche se sono convinta che alcuni di voi si staranno chiedendo il perché dei tre gufi.
Tre gufi – che non sono comunque un voto negativo – sono il voto che ho scelto in base ad un insieme di fattori, perché non tutto mi ha convinta al 100%.
Per quanto riguarda la forma, ho incontrato troppi refusi tra le pagine per poterli ignorare: non è che ci sia un errore dietro l’altro – per carità non sto dicendo questo! – ma purtroppo non erano nemmeno quelle quattro o cinque sviste che il più delle volte finisco col notare solo marginalmente. Voglio sottolineare che questo non ha influito minimamente sul voto, perché sono conscia che l’autore è alla sua prima esperienza di self-publishing, ma immagino che noi lettori – proprio per l’attuale proliferare dei self-author – stiamo diventando più pignoli che in passato… quantomeno per me è così.
Entrando nel merito del romanzo come narrazione devo dire che alcune cose non mi hanno del tutto soddisfatta. Non posso entrare nel dettaglio per non rischiare spoiler, ma alcune reazioni o deduzioni dei personaggi mi sono sembrate poco verosimili – mi rendo contro che parlare di verosimile con il Minotauro dietro l’angolo o dietro la pagina che dir si voglia può suonare buffo, ma proprio per l’assurdità della situazione personalmente ricerco appigli realistici. Inoltre è tutto l’epilogo in sé ad avermi lasciata un pochino perplessa… non perché sia brutto, tutt’altro, ma la spiegazione e le conseguenze finali mi hanno presa leggermente in contropiede. Insomma diciamo che ho terminato la lettura con il dubbio di non aver compreso fino in fondo le dinamiche del gioco mortale a cui avevo partecipato.
Come sempre ci tengo a sottolineare che si tratta del mio personalissimo gusto in fatto di storie: magari mi aspettavo qualcosa di più macabro… non so se l’autore ha tenuto la mano leggera di proposito oppure no, ma è più probabile che le mie aspettative fossero influenzate da tante altre letture passate, molto meno edulcorate rispetto a quella di cui vi sto parlando.
Non ci sono dubbi sul fatto che come lettura di tensione Il cantastorie è adattissimo ai lettori dallo stomaco più delicato e a quelli più impressionabili, nonché ai lettori più giovani: nel libro troverete tanti momenti che vi terranno col fiato sospeso, ma nessuna immagine che vi farà venire gli incubi.
A questo punto direi che è il vostro turno: cosa ne pensate di questo titolo?

Passo e chiudo :)

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