martedì 26 marzo 2013

Recensione di "Taglia, cuci, ama" di Amanda Addison

Editore Newton & Compton
Pagine 416
Euro 9,90
TRAMA:
Laura Lovegrove è una designer di moda e tessuti. Le sue creazioni appaiono sui vestiti e nelle case più glamour della città. Rendere unico ciò che è banale per lei è un’arte, uno stile di vita. Il marito architetto però accetta un nuovo lavoro e tutta la famiglia deve lasciare Londra e trasferirsi a Norfolk, in campagna. Persa la vivacità della city anche l’ispirazione di Laura sembra essere svanita e in più le donne del posto non sembrano interessate alle sue creazioni. Come se non bastasse suo marito lavora tutto il giorno ed è sempre più distante. Sola e con il morale a terra, Laura decide di uscire dal suo guscio e trova un impiego part-time come insegnante, mentre nel tempo che le resta si occupa delle figlie. La sua carriera di creativa è ormai un lontano ricordo. Immersa nella nuova routine, le sue giornate trascorrono monotone, fin quando un evento irrompe inatteso: un incendio distrugge la sua tanto amata collezione di vestiti vintage.E proprio allora l’incontro fortuito con Chris, il grande amore dei tempi dell’università, le fa capire che la vita che ha vissuto è completamente diversa da quella che sognava. Ma quando tutto sembra perduto, un’ancora di salvezza arriva inaspettatamente dal circolo del cucito di Norfolk…
VOTO:
 

La recensione di oggi riguarda un romanzo che ho acquistato qualche tempo fa senza averne mai sentito parlare, conquistata dalla copertina prima e dalla trama poi… purtroppo non sempre i colpi di fulmine sono ambasciatori di lieto fine! La coppia di gufi qua sopra ne è la dimostrazione lampante: ho sperato fino all’ultimo di riuscire ad assegnare almeno tre gufetti a questo titolo, ma anche a distanza di un paio di giorni dalla fine della lettura non ho trovato nulla che mi sia rimasto, tanto che fatico persino a ricordare i nomi dei personaggi.
Sotto il titolo sulla cover, Cuci, taglia, ama è definito “Una lettura perfetta per chi ama la moda, le storie d’amore che fanno sognare e un pizzico di ironia”: la moda c’è, l’ironia anche (per quanto più fastidiosa che simpatica), ma la storia d’amore che fa sognare proprio non l’ho trovata… anche cercando con tutta l’attenzione che riuscivo a metterci, la storia d’amore che compare nella narrazione non è proprio in primo piano, ma neanche in secondo o in terzo!!!
La protagonista si chiama Laura ed è una giovane donna palesemente alla ricerca di un posto in un mondo da cui si sente spesso ignorata e incompresa. Laura è un’artista e come tale è eccentrica, impulsiva, emotiva e spesso infantile. Il lettore ha il “piacere” di conoscerla dopo che si è trasferita con tutta la famiglia dalla città alla campagna a causa del lavoro del marito Adi: casa nuova, gente nuova, tutto nuovo e completamente diverso da quello a cui era abituata! È a questo punto che Laura comincia la sua infinita serie di lamentele e insoddisfazioni (e siamo solo alle prime pagine!) che riguardano tutti gli ambiti della sua vita, dal lavoro, alla vita famigliare e persino alle sue bambine che gli impegnano troppo tempo prezioso. Ecco, diciamo che ad un primo sguardo la protagonista non è riuscita a conquistarsi la mia simpatia e, per quanto sia in seguito stata capace di strapparmi qualche sorriso, in nessun momento della storia mi ha suscitato più di qualche tiepida reazione. Ma questa scarsa empatia nei suoi confronti non è dovuta solo al suo carattere o ai suoi atteggiamenti nei confronti di persone ed eventi, ma anche allo stile generale di tutto il romanzo che non è proprio nelle mie corde. Mi ero avvicinata a questa lettura con la speranza di trovare una parentesi rilassante e divertente tra un libro sugli zombie e un distopico, invece mi sono trovata davanti ad uno sforzo erculeo: quando, mentre leggi un libro, ogni dieci pagine ti ritrovi a guardare quante pagine ti mancano alla fine… bhè, la lettura non è più rilassante! Non ho voluto arrendermi per due motivi: prima di tutto perché difficilmente abbandono un libro senza finirlo (anche se a tutt’oggi non ho ancora capito bene il perché di questa avversione!), e poi perché  speravo che ad un certo punto mi sarei ritrovata immersa nel romanzo e catturata dalla storia; come dicono i Litfiba in una famosa canzone “ chi visse sperando, morì… non si può dire”. Quando finalmente ho terminato l’ultima pagina ho esultato, perché potevo passare ad altro o_O
La causa del mio basso giudizio su questo libro è dovuta ad una serie di caratteristiche che non hanno incontrato il mio gusto. A parte la protagonista, nel romanzo si muovono innumerevoli personaggi con un sacco di nomi che ho inizialmente faticato a memorizzare (dopo metà libro ci ho rinunciato del tutto!) a causa della caratterizzazione quasi inesistente della maggior parte di loro, che diventa soltanto scarsa per la restante parte. Laura passa la maggior parte del tempo a dare vita a creazioni originali e uniche, cucite a mano, fatte partendo da scampoli di stoffa di varia derivazione (tende, vestiti vecchi, tovaglie, borse ecc. che trovano nuova vita nelle sue mani) che sono la cosa più positiva e simpatica che ho trovato in “Cuci, Taglia, ama”, ma ad un certo punto diventano loro protagonisti oscurando il resto. Infine il difetto più consistente che ho riscontrato nel romanzo della Addison è lo stile narrativo: non mi viene in mente un paragone migliore che una coperta patchwork (il confronto con il libro mi sembra più che azzeccato visto che si parla di cucito e stoffe). Ogni opera tessile appartenente a questa categoria nasce dall’unione di scampoli di stoffe di fantasie diverse, spesso contrastanti, che una volta cucite insieme riescono a creare un risultato bizzarramente gradevole allo sguardo. Purtroppo il romanzo di Amanda Addison mi ricorda più un patchwork mal riuscito: l’autrice ha cucito insieme scene, pensieri e dialoghi che si svolgono in luoghi e tempi diversi, (tanto che a volte non riuscivo a capire se fosse passato un minuto o una settimana da un capitolo all’altro) creando un insieme spesso confuso e poco scorrevole… l’idea che ne ho ottenuto non è di stravagante armonia, ma di semplice disordine e vi assicuro che dopo oltre 400 pagine non vedevo l’ora di dare un colpo di spugna.
Per carità, devo anche concedere all’autrice che, come ogni buona commedia che si rispetti, ha anche ricamato un lieto fine che è stata la parte che più mi è piaciuta… ma non so se il piacere derivasse dall’epilogo in sé o solo dal fatto che segnava la fine del libro.
Ok, oggi forse sono stata un po’ più cattivella del solito, ma dopo una serie di letture da belle a bellissime, questa mi ha delusa particolarmente!
Non metto in dubbio che a qualcuno questo stile possa piacere, trovando quindi anche un coinvolgimento nella storia, perché sono andata in giro a sbirciare un pochino e ho scoperto che alcune recensioni assegnano a questo titolo anche 4 stelline su 5. Quindi se siete curiosi, potete vedere un estratto del libro qui, dove è possibile leggere tutto il primo capitolo scoprendo se vi attira.
Nel caso, lo aggiungo al mercatino di scambio libri di Denise su Reading is Believing.
E con questo direi che mi sono sfogata… quindi passo e chiudo :)
Quello che vedete qui sopra è l'interno di una yurta, una particolare tipologia di tenda che ha un ruolo importante nel romanzo di cui vi ho appena parlato... ecco, questa è una cosa che ho invidiato a Laura! Se avessi un giardino abbastanza grande per contenerne una, ne farei la mia stanza di lettura, piena zeppa di libri XD

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