domenica 15 settembre 2013

Recensione "Joyland" di Stephen King

Editore Sperling & Kupfer
Pagine 352
Euro 19,90
TRAMA: Estate 1973, Heavens Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario squattrinato e con il cuore a pezzi, perché la sua ragazza lo ha tradito. Per dimenticare lei e guadagnare qualche dollaro, decide di accettare il lavoro in un luna park. Arrivato nel parco divertimenti, viene accolto da un colorito quanto bizzarro gruppo di personaggi: dalla stramba vedova Emmalina Shoplaw, che gli affitta una stanza, ai due coetanei Tom ed Erin, studenti in bolletta come lui e ben presto inseparabili amici; dall'ultranovantenne proprietario del parco al burbero responsabile del Castello del Brivido. Ma Dev scopre anche che il luogo nasconde un terribile segreto: nel Castello, infatti, è rimasto il fantasma di una ragazza uccisa macabramente quattro anni prima. E così, mentre si guadagna il magro stipendio intrattenendo i bambini con il suo costume da mascotte, Devin dovrà anche combattere il male che minaccia Heavens Bay. E difendere la donna della quale nel frattempo si è innamorato.
VOTO:
 

INCIPIT:
La macchina ce l’avevo, ma la maggior parte delle volte, in quell’autunno del 1973, me la feci a piedi da Joyland agli appartamenti sulla spiaggia della signora Shoplaw, a Heaven’s Bay. Sembrava la soluzione migliore. L’unica, in effetti. Ai primi di settembre, Heaven’s Beach era quasi completamente deserta, in perfetta sintonia con il mio umore. È stato l’autunno più bello della mia vita; continuo a sostenerlo anche quarant’anni dopo. E allo stesso tempo non mi sono mai sentito così infelice. La gente pensa che il primo amore sia tanto dolce, e lo diventi ancora di più quando il legame si spezza. Conoscerete almeno un migliaio di canzoni pop e country sull’argomento, con qualche povero scemo dal cuore infranto. Ma quella prima ferita è la più dolorosa, la più lenta a guarire e lascia una cicatrice orribile. Che ci sarà di dolce…
RECENSIONE:
Nell’ultima settimana sono rimasta parecchio indietro con le recensioni, ne avevo già tre che attendono attenzioni – e che cercherò di scrivere il prima possibile – ma quando ho finito di leggere Joyland, ho capito che sarebbe stato il primo di cui vi avrei parlato.
Erano ormai un paio di anni che non leggevo nulla del mio grande amore letterario, Stephen King, anche perché il suo ultimo romanzo (escludendo quello della serie Torre Nera) 22/11/63 per la prima volta in oltre 25 anni non mi aveva ispirato abbastanza da spingermi a spendere quasi 20 euro per averlo.
Con Joyland è stato amore a prima vista, prima ancora di leggerne la trama e molto prima di aprire il libro. I parchi giochi mi hanno sempre affascinata, sia nella realtà che nella letteratura, quindi quando ho capito che questo romanzo si sarebbe svolto in un simile contesto, ho deciso seduta stante che avrebbe dovuto essere mio a qualunque prezzo!!
Quindi eccomi qui! Iniziato e finito in pochissimi giorni. Uno di quei rari romanzi che mandano il loro richiamo da sirena dal ripiano su cui attendono che il lettore abbia un po’ di tempo libero da dedicargli, continuando ad attirare l’attenzione anche quando sono chiusi: nei giorni in cui mi sono dedicata a questo romanzo, qualsiasi cosa stessi facendo, la mia mente tornava al parco di Joyland e facevo i salti mortali per ritagliare più tempo possibile per correre ad afferrare il libro e tuffarmi nelle sue pagine… che bella sensazione, amo i libri così!
E così mi sono anche resa conto che mi era davvero mancato il grande King: con tutti i romanzi e gli autori che mi sono passati tra le mani negli ultimi due anni, il grande amore che mi ha legato al maestro del brivido per decenni si era un pochino affievolito, aveva perso di mordente, quella smania che mi faceva mettere da parte ogni altra lettura non appena il suo nuovo titolo arrivava in libreria. Con Joyland questa passione è rinata più forte che mai.
Dai, non sbuffate, lasciatemi sfogare un pochino… già vi vedo con le facce corrucciate che mi chiedete “allora, quando ci dici cos’ha di così bello questo romanzo?”.
A parte il mio entusiasmo difficile da contenere, non è facile dirvi cosa mi ha così tanto conquistato della storia e dei personaggi… se vi dicessi tutto, vi sembrerei esagerata?
Tanto per cominciare da qualche parte, diciamo che i libri di Stephen King non sono per tutti, generalmente o si odiano o si amano, soprattutto per lo stile inconfondibile dell’autore, capace di perdersi in descrizioni chilometriche di luoghi e situazioni che ad alcuni risultano noiose ed eccessive. La prolissità di King non ha mai rappresentato per me un ostacolo nei suoi romanzi, forse perché ho iniziato proprio con lui la mia carriera di lettrice vera e propria. Fatto sta che proprio il suo essere così precisino, la sua totale assenza di fretta di arrivare al dunque e la sua pignoleria in ogni dettaglio delle sue storie mi ha sempre permesso di entrare completamente nei suoi romanzi. Mi sono bastate poche pagine di Joyland per vestire i panni del protagonista, di sentirmi realmente lui, provare le sue emozioni e muovermi all’unisono con lui: e non è neanche così facile come sembra, visto che Devin Jones – questo il suo nome – è uno studente universitario ventunenne… cosa decisamente distante dalla mia persona.
La mia giostra preferita!!
Comunque, la storia viene narrata al passato dallo stesso protagonista: mentre ci racconta le sue avventure e le sue esperienze di quel lontano 1973, Devin ha già una sessantina d’anni e condivide con il lettore le sue emozioni di allora, nonché la nostalgia dei ricordi che non torneranno mai più. Io per fortuna non ho ancora ricordi così vecchi, ma mi basta ripensare a momenti di 20 anni fa per provare quella malinconia tipica del tempo che passa inesorabilmente e immaginare quanto aumenterà con il passare di altri anni.
Rimane il fatto che il Devin con cui ho stretto il legame più forte è stato quello ventunenne, quello che nelle vacanze estive ha trovato lavoro in un parco giochi e che mi ha conquistata completamente. Il protagonista è il tipico bravo ragazzo, senza troppi grilli per la testa, magari un po’ ingenuo, ma con la testa e il cuore al posto giusto… il ragazzo che tante madri vorrebbero per le loro figlie.
Quando Devin inizia la sua avventura al parco divertimenti di Joyland avrei voluto davvero sostituirmi a lui, non fosse altro per la curiosità. Ogni singola volta che sono stata a Gardaland, o in qualsiasi altro parco divertimenti anche più piccino, ho notato il personale a cui la maggior parte della gente non fa nemmeno caso; ragazze e ragazzi che si aggirano per il parco vestendo ruoli diversi nel corso della stessa giornata lavorativa e mi sono sempre chiesta come funzionasse realmente il lavoro che sta dietro al divertimento degli avventori. Stephen King mi ha finalmente risolto questo quesito e – incredibilmente – malgrado la fatica immane che comporta, mi ha fatto persino desiderare di fare questa esperienza sulla mia pelle.
Per l’occasione è stata creata una “parlata” tipica dei parchi giochi – un po’ come quei linguaggi distopici che spesso vengono inseriti nei romanzi ambientati in un futuro ipotetico, per rendere l’idea della diversità con il nostro presente, solo che in questo caso si ispira a un gergo realmente esistente – con innumerevoli termini a volte anche buffi, con cui i lavoratori del parco comunicano tra di loro, formando una “comunità” a parte dalla gente normale, una specie di bizzarra famiglia. E come ogni famiglia anche quella di Joyland ha i suoi scheletri nell’armadio, che in questo caso sono rappresentati dall’omicidio perpetrato anni addietro nel tunnel dell’orrore ai danni di una giovane ragazza, delitto il cui assassino non è mai stato scoperto. Non credo sia necessario ricordarvi che stiamo parlando di un libro di King, quindi l’elemento sovrannaturale non poteva mancare. Infatti il fantasma della ragazza morta si dice infesti il luogo in cui è stata uccisa e che alcune rare volte si mostri a qualche dipendente del parco… una storia simile non può che suscitare curiosità nella maggior parte dei ventenni, persino io probabilmente mi sarei avventurata nel tunnel per scoprire se si tratta solo di leggenda o se lo spirito esiste davvero. Oltre al fantasma però c’è anche una cartomante – tipico personaggio bislacco da baraccone – che sembra sapere davvero ciò che dice e prevede e un ragazzino su una sedia a rotelle con un dono raro. Non voglio svelarvi di più perché tutto vi verrà raccontato a tempo debito dell’autore: la storia va seguita tramite il protagonista, un piccolo passo alla volta, per scoprire chi avrà ruoli importanti e fondamentali nel trasformare il “pivello” di inizio estate nell’uomo che diventerà in futuro; quali saranno gli eventi indimenticabili e i rapporti che si protrarranno nel tempo; tutte quelle cose che potremmo raccontarci tra noi quando avremmo accumulato un bagaglio di 40 anni di eventi passati. Ma non preoccupatevi, non vi troverete solo davanti un album di ricordi raccontato da un quasi anziano signore nostalgico. C’è anche il mistero da risolvere e devo confessare di essere stata presa completamente in contro piede, perché mai e poi mai mi sarei aspettata quello che ho scoperto mentre la fine si avvicinava.
L'aquilone ha un ruolo molto bello...
che ovviamente non vi svelo!
Intorno al protagonista si muovono svariati personaggi e li ho adorati tutti dal primo all’ultimo – anche quelli antipatici, perché dovevano esserci per forza – e tutti sono approfonditi a sufficienza da renderli reali e credibili! Su Devin non ci sono dubbi sul fatto che sia così dettagliatamente delineato da farlo saltar fuori prepotentemente dalle pagine. La storia è stata curata in ogni sua parte, non rimangono questioni in sospeso o domande senza risposta: tutto trova la sua spiegazione e il suo epilogo, perché King non introduce mai qualcosa in un romanzo per poi dimenticarselo strada facendo.
A questo punto, visto l’elogio sfacciato a quest’opera, non ho bisogno di dirvi che ho adorato Joyland, quindi vi aspetterete che lo consiglio a tutti: e invece no! Ve lo consiglio solo se a questo punto sono riuscita a coinvolgervi con il mio entusiasmo, ma se state cercando una storia da brivido, che vi faccia venire la pelle d’oca o che vi faccia salire l’adrenalina alle stelle… beh, questo non è proprio il romanzo che fa per voi. Stephen King ha scritto dei gran bei libri dell’horror, tanto da meritarsi il soprannome di Re del genere, ma Joyland non rientra in questa categoria. Non saprei inserirlo in un comparto stagno e preciso tra i generi letterari: c’è molto sentimento, sia sotto forma di amicizia, sia di amore vero e proprio, senza cadere mai nello svenevole; ci sono vari elementi che esulano dalla realtà “vera” di ogni giorno; c’è la giusta dose di mistero; c’è lo stupore e la curiosità tipici della giovane età, soprattutto quando ti trovi davanti ad esperienze mai vissute; e c’è tanto altro ancora! Non riesco a definirvi Joyland, se non dicendovi che è un libro di Stephen King, cosa che per me è sufficiente a renderlo speciale e diverso da tutti gli altri.
Quindi non mi resta che lasciare a voi la scelta se affrontare o meno questa lettura. Fatemi sapere cosa ne pensate ^^
E con questo come sempre è tutto, per cui passo e chiudo :)


CITAZIONE:
Da ventunenne, la vita è come una cartina stradale. Solo quando arrivi ai venticinque o giù di lì, cominci a sospettare di averla guardata capovolta, per poi esserne certo intorno ai quaranta. Arrivato ai sessanta, fidatevi, capisci di esserti perso nella giungla.

6 commenti:

  1. Uff mi sento l'unica scema che non ha letto ancora niente di suo D:
    In realtà avevo tentato un approccio con uno dei libri di mia madre... ma ero davvero troppo piccina e quindi non sono riuscita a finirlo... però ricordo che non mi dispiaceva v.v
    E dire che a casa - grazie alla mamma - ho una ventina dei suoi libri XD ahahah mi basterebbe allungare la mano e prenderne uno...
    Questo comunque mi incuriosisce non poco :3

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  2. Tranquilla, anche io sono indietro con le recensioni! ne ho più o meno 10 arretrate!! povera me!
    Anche io non ho mai letto niente dii suo, prima o poi lo farò!!!!

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