martedì 10 luglio 2012

Recensione di "La casa sul fiume" di Penny Hancock

Editore Time Crime
Pagine 360
Euro 10,00
TRAMA:
Greenwich, Londra. In un freddo pomeriggio di febbraio, Sonia apre la porta di casa a Jez, 15 anni, un amico del figlio. Il ragazzo vorrebbe vedere un raro disco di vinile, pensa di restare qualche minuto e andare via. Non uscirà più. Con una folle progressione geometrica, un passo dopo l’altro, Sonia fa in modo che Jez non lasci la casa sul fiume, fino a quando non scoprirà di esserne prigioniero, di non poter chiedere aiuto. La sola possibilità che gli resta è trovare un modo per convivere con lei, con quella donna che lo considera una cosa sua, un oggetto da proteggere, da custodire. Non ha altra strada se non venire a patti con la sua carceriera: del resto, chi lo cercherebbe mai in quella splendida, vecchia dimora in riva al Tamigi? Chi sospetterebbe di una moglie e madre esemplare, che non ha mai mostrato alcun segno di squilibrio? La casa sul fiume è la storia di un’ossessione, di uno smarrimento che affonda le sue radici nei meandri più oscuri della psiche. Ed è la storia di una donna reale e vera come solo il dolore sa esserlo: perché la sua solitudine, i suoi ricordi, i suoi moventi parlano al cuore di ognuno di noi.

Ecco un libro comprato perché ispirata dalla trama.
Hanno detto di questo titolo “agghiacciante”, “inquietante”, “splendidamente scritto” e “straordinario”.
Perdonatemi, ma a ve vengono in mente parole come “noioso”, “lento”, “ripetitivo” e “acquisto sbagliato”.
Quello che io cerco in un thriller è il fiato sospeso, i colpi di scena da far sbarrare gli occhi, un minimo di azione e la voglia di non smettere di leggere per scoprire cosa succede: purtroppo non ho trovato nulla di tutto ciò! Magari leggendo così tanto, come sto facendo ultimamente, sono diventata ipercritica, ma questo romanzo mi ha suscitato solo dei gran sbadigli e in alcuni momento anche un leggero fastidio!
Avverto che seguono alcuni spoiler, ma li segnalerò chiaramente, per non rovinare le poche sorprese.
La trama sembrava interessante (malgrado, come accade sempre più spesso, presenti degli errori: Jez non è amico del figlio di Sonia che ha una figlia già all’università, ma nipote di un’amica di Sonia; inoltre lei si sforza di essere una madre e moglie esemplare, ma non mi risulta che ci riesca), quindi mi aspettavo un bel po’ di suspance.
All’inizio ho creduto di aver iniziato un romanzo in stile Misery di Stephen King… ma mi sono presto accorta che mancavano tutte le emozioni che il Re dell’Horror riusciva a suscitare nel lettore: quel desiderio di leggere la pagina successiva, accompagnato dalla paura di scoprire cosa si sarebbe spinta a fare la carceriera per tenere il proprio prigioniero “in gabbia”.
Ho avuto l’impressione di leggere capitoli interi sulle “menate” mentali di Sonia, che non riusciva a inquietarmi, ma solo a irritarmi. Si capisce presto che i suoi “problemi psicologici” hanno origine molti anni prima, all’epoca della sua infanzia: continuiamo a vedere con lei Flash Back il cui protagonista indiscusso è Seb (che all’epoca aveva la stessa età del suo prigioniero attuale, Jez), di cui Sonia era chiaramente succube. Il rapporto tra i due ragazzini era più morboso che romantico, ma la cosa frustrante sono le briciole che l’autrice ci concede: uno spunto qui, un particolare lì! Conoscete il gioco “unire i puntini”? Ecco ho avuto l’impressione di fare questo gioco per ricostruire il passato di Sonia.
È vero che è riuscita a stupirmi almeno una volta (SPOILER), quando ha ucciso la sua amica Helen, nonché zia di Jez… non credevo sarebbe arrivata a tanto, ma ormai ero ben oltre la metà del racconto, quindi l’entusiasmo rimasto era del tipo “speriamo di finirlo in fretta per passare ad altro”. (FINE SPOILER)
Un’altra cosa che ha contribuito alla mia delusione è che non ho trovato nessun personaggio che mi appassionasse: Jez - prigioniero è solo una figura nella mente di Sonia, ma il vero Jez ci è precluso, perché l’autrice non ci permette di conoscerlo abbastanza da fare il tifo per lui… quasi quasi la sua sorte mi era indifferente. Di Sonia non parlo nemmeno, perché non credo dovesse piacere: al massimo lo scopo della Hancock era suscitare compassione per lei. La sua amica Helen è un’alcolizzata insicura e in perenne competizione con la sorella… e potrei trovare una critica per ogni singolo personaggio comparso nel corso della narrazione. Se almeno alcuni di loro avessero avuto più spessore, sarei riuscita a entrare di più nella storia. Secondo me, è stato dedicato troppo tempo ai pensieri ripetitivi della protagonista, sacrificando altri dettagli che avrebbero potuto dare dinamismo alla narrazione. Inoltre ci sono addirittura particolari accennati (tanto che uno si aspetta vengano chiariti in seguito)… che resteranno tali. Ad esempio, (SPOILER) l’sms di “suicidio” che Sonia invia dal cellulare di Helen dopo averla uccisa… che viene nominato più volte, ma non viene mai rivelato: sono solo piccolezze, però mi avrebbe fatto piacere scoprirlo piuttosto che immaginarlo!! (FINE SPOILER)
L’ambientazione, in cui il fiume è il centro vitale, la vediamo attraverso la visione ossessiva di Sonia (che sostiene di non poter vivere altrove) ed è cupa, sgradevole, puzzolente: praticamente vengono evidenziati solo i lati negativi, probabilmente per sottolineare quanto sbagliati siano i pensieri della stessa Sonia, che non fa che decantare quanto la casa sul fiume sia insostituibile nel suo cuore, con tutti gli olezzi che salgono dall’acqua, la melma lasciata dalla marea, il verdognolo sui muri e  i rifiuti sulla riva… un’immagine di Londra che non potrebbe essere peggiore.
Alla fine (ma proprio fine, tipo le ultime 30 pagine) ci sono rivelazioni shock: a un passo dalla rassegnazione, finalmente scopriamo chi è questo Seb, il cui ricordo ha ossessionato la protagonista per tutta la vita… questo sì che mi ha lasciata a bocca aperta, ma non è stato sufficiente a salvare la mia opinione del libro.
(SPOILER) Dopo  aver capito di non poter più continuare a tenere Jez per sé, Sonia lo lascerà andare e aspetterà la polizia… per un attimo ho pensato che lo uccidesse per non farlo mai invecchiare, mentre gli faceva una scultura ricoprendolo di bende bagnate: ho quasi trattenuto il fiato, ma anche qui non sono riuscita comunque a stupirmi delle scelte meno drammatiche dell’autrice (FINE SPOILER)
Come sempre non pretendo che il mio parere sia categorico: di sicuro qualcuno troverà la storia avvincente e in tutto ciò che ho criticato c’è comunque una coerenza studiata da parte dell’autrice, ma per la prima volta non riesco proprio a consigliarne la lettura a nessuno… anzi avrei voluto trovare qualcuno che lo sconsigliasse a me!! E sia… con tutti i libri che mi passano tra le mani, non posso indovinarli tutti: nemmeno le ciambelle escono tutte col buco!
Alla prossima J

VOTO:
Il titolo originale tradotto letteralmente è "linea di marea", quindi calza lo stesso alla narrazione, ma trovo l'italiano più adatto... mentre per quanto riguarda la cover mi sembra migliore quella originale: nell'italiana il bicchiere col pesce rosso mi pare fuori luogo.

3 commenti:

  1. Nooooooooooooo!!! T_T Sarà una delle mie prossime letture... mi è crollato un mito. Il mito che mi ero fatta di questo libro. Però non me lo aspetto carico d'azione a me piacciono anche i thriller lenti e psicologici... speriamo mi piaccia comunque!

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    1. Mi auguro davvero che ti piaccia! Aspetterò con ansia di leggere il tuo parere... magari me lo farà esaminare da un altro punto di vista :-)

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  2. Io non l'ho capito molto bene il finale: Helen l'hanno trovata? Maria e Mick? Kit e Greg sono andati a vivere a Ginevra ma non si capisce un granchè... Qualcuno può spiegarmi questi punti in sospeso?

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