Editore Selfpublished
Pagine 158
Euro 0,99 (ebook) –
6,99 (cartaceo)
TRAMA: Una pioggia di schegge stermina il popolo dell’isola di Turios. Si salvano
Bashinoir, gravemente ferito, sua moglie Lil e la sacerdotessa Miril.
Vorrebbero dare degna sepoltura ai propri cari, ma i cadaveri sono scomparsi.
L’unica speranza di salvezza risiede nelle protezioni magiche del Tempio.
Tuttavia devono far fronte a minacce oscure. Un’ombra infesta i loro cuori per
dividerli e distruggerli. I loro corpi sembrano perdere sempre più consistenza.
Alla vicinanza tra le due donne si contrappone il sempre più marcato isolamento
di Bashinoir.
Nel regno di Isk, maghi e consiglieri devono sottostare all’insaziabile
ingordigia di sesso, guerra e potere di re Beanor. L’ultima delle sue giovani
mogli, tuttavia, non si dà pace per la libertà e l’amore perduti. Potranno i
giochi e gli inganni sotto le lenzuola essere la chiave di svolta di una guerra
millenaria?
VOTO:
RECENSIONE:
Non ci posso credere… sono
riuscita a scrivere tutte e quattro le recensioni in arretrato prima di mandare
il blog in vacanza!!! Sto migliorando…
Questa in realtà l’ho lasciata
per ultima perché è anche quella che mi ha creato più problemi in quanto si
tratta di un libro molto interessante che però ha incontrato i miei gusti solo
a metà.
Vediamo di andare con ordine.
I
rami del tempo,
come vi dissi nel post di segnalazione, è il primo volume di una saga fantasy
scritta dallo stesso autore della bellissima raccolta di racconti Energie della Galassia (QUI
la recensione).
Il romanzo si svolge contemporaneamente
in due posti diversi, lontani e soprattutto irraggiungibili tra loro (per
motivi che non posso spiegarvi ma che vengono ampiamente chiariti durante la
lettura).
Le due diverse ambientazioni
ovviamente coinvolgono due gruppi distinti di personaggi.
Il primo è costituito da tre
sole persone (Bashinor, Lil e Miril) che sono gli unici superstiti di una
strage che ha visto perire sotto una pioggia di schegge di natura sicuramente soprannaturale
e magica tutto il loro popolo. I tre scioccati sopravvissuti – di cui due sono
marito e moglie e la terza è la sacerdotessa del tempio – dovranno cercare una
spiegazione all’accaduto, mentre tentano di trovare un modo per mandare avanti
l’isola con tre soli paia di mani.
Mi rendo conto da sola che la
mia spiegazione non rende giustizia al contenuto dei capitoli dedicati a questo
trittico di personaggi, ma non voglio rischiare di darvi troppe informazioni…
le scoprirete pagina dopo pagina.
Questa
è la parte che ho amato di più, in cui mi sono completamente immersa nella
lettura, perdendo la cognizione di tempo e spazio. Belli i tre personaggi e il
mistero che li circonda, nonché i legami tra loro e le diverse reazioni alla
disgrazia. È stato in loro compagnia che ho scoperto il significato del titolo
del romanzo e l’idea originalissima su cui si basa tutta la storia: il tempo è
paragonato ad un cespuglio o un albero, con innumerevoli ramificazioni… alcune
fioriscono, altre seccano e periscono. Cosa determina questa distinzione? Cioè,
siete veramente convinti che ve lo riveli io?!? Assolutamente no!
Ho sempre avuto difficoltà a
raccapezzarmi con viaggi nel tempo, ripiegamenti temporali e chi più ne ha più
ne metta! Il tempo in qualunque sua distorsione mi ha sempre creato confusione,
ma la visione di Luca Rossi mi ha
davvero conquistata: presa da sola meriterebbe
5 gufi senza dubbi.
Ovviamente c’è un ma, visto che
alla fine il voto non è stato quello, e riguarda la seconda parte della storia,
di cui non vi ho ancora parlato.
Al di là del mare rispetto al
trio di cui sopra, precisamente nel regno di Isk, domina incontrastato re
Beanor, dittatore pazzo e violento che vuole sopra ogni cosa abbattere la
barriera magica che gli impedisce di raggiungere l’isola di Turios.
Molte persone sono morte nel
tentativo di accontentare il re, e altre sono state destinate ad anni di
torture indicibili solo per non aver ottenuto ciò che lui chiedeva: basta
irritarlo nel momento sbagliato per vedere la propria testa rotolare sul
pavimento, e non in senso metaforico! Diciamo che è una rivisitazione del
disneyano principe Cusco de Le follie dell’imperatore (presente il genere? Io,
io, io!), disegnato a tinte molto fosche da Dario Argento e Wes Craven: rendo
l’idea?
Beanor
è uno dei personaggi peggiori in cui mi sia imbattuta in tanti anni da lettrice… non nel
senso che l’autore ha fatto un pessimo lavoro, ma nel senso che ne ho
desiderato la morte dopo una sola riga che l’ho conosciuto e questo desiderio
non ha fatto che rafforzarsi ad ogni parola letta!! Cattivo, folle e sgradevole
sotto ogni punto di vista. Il vero nemico che si odia spassionatamente senza
altre alternative.
Ed è qui che arriva il mio “MA…”.
Se non fossero sufficienti
tutte le cose che vi ho detto qui sopra per rendere re Beanor il candidato
ideale per una lapidazione di massa da parte dei lettori, Luca Rossi gli ha
attribuito anche uno spiccato e malato ipererotismo o satiriasi che dir si
voglia (ahahah… sì, ok, volevo fare la supercolta, ma in realtà ho dovuto
utilizzare wikipedia per trovare il maschile di ninfomane!). Il “simpatico” re
è sopra ogni altra cosa malato di sesso, non ragiona e non si trattiene davanti
ad un fondoschiena che vuole possedere e tutte le sue mogli non gli bastano mai…
questa è la dote che viene maggiormente calcata ed è anche quella che mi ha
reso la lettura in alcuni momenti fastidiosa. Un personaggio già sgradevole di
per sé non era sufficiente, ci voleva pure la componente sessuale a renderlo
vomitevole oltre ogni dire.
So che io sembro sempre troppo
pudica quando si tratta di sesso nei libri, ma ognuno ha i suoi gusti. Certo ero
consapevole che in un libro di Rossi non avrebbe potuto mancare, ma stavolta l’ho
trovato non sempre necessario ai fini della storia, anche se credo proprio che
l’autore abbia calcato volontariamente la mano su questo aspetto.
A
Luca Rossi va comunque tutto il mio rispetto perché ci vuole talento, tanto per
creare personaggi cattivi, quanto quelli buoni. In questo caso è riuscito su
entrambi i fronti e di certo il “cattivo” non pecca di banalità!
Comunque, malgrado il fastidio
che provavo nelle scene che vedevano Beanor come protagonista, la storia mi è piaciuta un sacco e mi ha
lasciato curiosissima di scoprire cosa succederà dopo. Anche perché nell’epilogo
ci sono due colpi di scena fulminanti giusto un attimo prima di arrivare alla
fine e io sono rimasta di sasso con un espressione frustrata del tipo “Ma
noooooooo!!”. Mi tocca ammettere che la parte finale mi è sembrata svolgersi più
velocemente di quanto sperassi, ma sapendo che c’è un seguito devo ammettere
che questo “difettuccio” ha solo incrementato la mia voglia di sapere altro.
Luca
Rossi si riconferma il vulcano di idee che avevo scoperto nella sua precedente
opera:
il filo conduttore che lega le due parti della storia è di assoluta
originalità, e l’autore ne ha dato vari indizi, a volte rimbalzando tra
presente e passato, senza rivelare più del necessario, un po’ confondendo il
lettore e un po’ attirandolo nella sua ragnatela narrativa, costringendolo ad attendere
il prossimo volume con trepidazione.
Sicuramente mi sento di consigliare
caldamente questo titolo: non fatevi trarre in inganno dai tra gufi che
riguardano solo il mio gusto personale perché vi assicuro che è un romanzo che
ha incontrato molti consensi finora, compreso il mio (mi auguro si sia capito!)…
a parte i dettagli che non mi hanno
conquistata, il libro merita davvero la vostra attenzione.
Passo e chiudo :)
Nessun commento:
Posta un commento